Già sin dal 1400 il Palio diventò un obbligo per i principi delle corti italiane, specialmente di quelli amanti dei cavalli e del lusso. Era indispensabile, per la loro immagine pubblica, prendervi parte e vincere. Sicuramente con il Palio il cavallo da corsa diventava importante quanto quello da parata: esso rappresenta il Rione di cui portava le insegne, ma era anche il simbolo di quel Principe, che consolidava il suo potere attraverso la bellezza e il lusso.
Oggi con molto orgoglio è una delle operazioni di cittadinanza attiva più originali del Sud Italia, quella della creazione del Palio del Principe, la giostra cavalleresca che dal 1991 si tiene ogni anno nel mese di giugno a Bisignano.
Il tutto marcia soprattutto sull’entusiasmo dei cinque membri della famiglia Turco che sono il motore irrefrenabile di una macchina organizzativa che riesce a coinvolgere ogni anno circa 500 persone tra figuranti, concorrenti, sarte addette ai costumi storici, servizio d’ordine e varie altre figure di supporto quasi tutte volontarie.
Progressivamente la passione di una famiglia si è così tradotta in un evento in grado di coinvolgere un’intera comunità e le migliaia di persone che ogni anno arrivano a Bisignano per seguire il Palio la penultima e l’ultima domenica di giugno.
In altri termini si può dire che attraverso il gioco Bisignano abbia riscoperto la propria storia, ristabilito con essa un contatto, perché è guardando alla propria storia che la sua gente ha potuto dar vita a un evento del genere. Tornei cavallereschi sono infatti riconducibili ad avvenimenti della storia cittadina, mentre l’allevamento stesso dei cavalli è radicato da secoli nell’economia locale.
Nel passato furono proprio i Sanseverino, Principi di Bisignano fino ai nostri giorni, a dedicare una particolare cura all’allevamento dei cavalli; rinomate erano le loro chinee, menzionate nel celebre poema seicentesco di Alessandro Tassoni “La secchia rapita”, ossia i cavalli bianchi di cui un esemplare, carico di un cospicuo tributo in oro, fu a lungo inviato dal re di Napoli al papa in segno di vassallaggio. E sempre da Bisignano il Nunzio Apostolico di Napoli faceva arrivare la chinea adibita al trasporto del papa neoeletto nel corteo che da S. Pietro si dirigeva verso S. Giovanni in Laterano, nella presa di possesso della cattedrale di Roma. Nel Principato di Bisignano, come nel resto d’Italia, soprattutto in epoca rinascimentale, il cavallo fu inoltre protagonista di feste, cerimonie, gare, in momenti di esaltazione della figura del Principe, oltre a costituire il dono più prestigioso e apprezzato fra i regnanti, e quindi elemento imprescindibile in numerosi rituali del potere.
Sicuramente con il Palio il cavallo da corsa diventava importante quanto quello da parata: esso rappresenta il Rione di cui portava le insegne, ma era anche il simbolo di quel Principe, che consolidava il suo potere attraverso la bellezza e il lusso.
Nel corso della manifestazione e della parata per la presa di possesso per la Città, nella quale erano coinvolti tutti i cittadini di Bisignano appartenenti ai vari Seggi, oltre che gli ecclesiastici, la giostra era senz’altro la manifestazione più diffusa e dotata di maggiore potenza evocativa.
Il Torneo, che all’inizio mantiene ancora forti legami con la pratica guerresca vera e propria, consistente generalmente in uno scontro tra due schiere di cavalieri, con tanto di vessilliferi e scudieri al seguito, conserva per lungo tempo questa immagine tradizionale.
Sta di fatto che a Bisignano rimane traccia di queste “battaglie” cittadine negli scontri e nelle risse che fino ad alcuni decenni fa avvenivano tra gruppi di giovani appartenenti ai vari Rioni della Città.
A capo dello scontro c’era il “Caporione”, che nel medioevo era il Potestà del popolo compreso nel Rione e che , successivamente, prese anche il nome di Capitano. Caporione è tuttora un’espressione tipica, ancora in uso nel dialetto locale bisignanese, per indicare colui che si pone alla guida di un gruppo.
In conclusione, dunque, anche per Bisignano le feste nella quali si esprimeva lo spirito municipale erano scandite da questi spettacoli di lotta, in particolare giochi cavallereschi, che, pur avendo avuto origine presso le aristocrazie militari nordeuropee, trovavano nella composita realtà sociale della città tardiomedievale , una vivida rappresentazione, resa ancor più affascinante dalla partecipazione dagli abitanti dei rioni, tipica degli agglomerati urbani mediterranei.
Oggi la Giostra o Corsa del Palio vera e propria si disputa l’ultima domenica di Giugno nello stadio comunale “F.Attico”.
Ogni rione elegge un proprio Capitano, che durante tutto l’anno è il punto di riferimento per gli organizzatori del “Centro Studi e Spettacoli sulle tradizioni popolari”.
Ogni rione sceglie un proprio Cavaliere.
I Cavalieri degli otto rioni partecipanti, in lizza fra loro per contendersi Il Palio, dopo regolare sorteggio, effettuato da un’apposita giuria che soprintende a tutta la gara, scendono in campo due per volta e, dopo il via, percorrono a spron battuto, un percorso a forma di L, infilando con la propria lancia anelli di varie dimensioni, fissati ad otto torri, ai quali è attribuito, per regolamento, un determinato punteggio. Alla fine del percorso obbligato i cavalieri devono colpite lo scudo del Saracino.
Le varie sfide fra Rioni avvengono secondo il criterio dell’eliminazione diretta a doppio turno e si svolgono alternativamente sul Campo del sole e sul Campo del muro.
Sono previste varie penalità in caso di errore nel cavalcare diversamente dallo spron battuto, o nel caso in cui si impugna la lancia diversamente da come previsto dal regolamento, e cioè mano dalla parte sottostante l’impugnatura e manico sotto l’ascella>.
Nel caso in cui il cavaliere durante la corsa dovesse perdere la lancia, non viene assegnato nessun punteggio.
La Giostra, nell’odierna manifestazione, è il momento più atteso da tutti i Rioni. Nel corso della disputa il tifo non ha freni, le urla si sprecano senza alcun limite; i batticuori formano una sinfonia armoniosa ed i colori un arcobaleno di luci.
E’ il momento più bello e particolarmente coinvolgente, il momento in cui la bravura si misura con l’abilità, l’astuzia e la fortuna.
I Quartieri
Mentre per alcune città già dal XIII secolo si ha notizia di un mondo civile raggruppato in Associazioni o Corporazioni, per Bisignano non esistono tracce in tal senso.
Nell’importante documento , La Platea di Ruffino, vescovo di Bisignano dal1264 al 1269, che altro non è se non un inventario patrimoniale, non sono citati espressamente Corporazioni di arti o di mestieri, tuttavia ogni persona ricordata è qualificata da un appellativo che fa riferimento alle professioni o ai mestieri esercitati.
Compaiono così i figuli, i fabres, gli auri fabres, i molendinarii, i justiziarii, i judices. Tutto ciò fa pensare a delle strutture associative simili alle corporazioni presenti in altre città d’Italia.
Per Bisignano sono documentate, invece, sin dal XIII secolo, Confraternite di laici, quali quelli del Santissimo Sacramento nel Rione di San Zaccaria o quella delle anime del purgatorio nel rione Piazza, con finalità prevalentemente culturali, ma che potrebbero aver avuto lo scopo di associare fedeli laici secondo le loro attività lavorative. Si trovano i figuli o pignatari nel Rione Santa Croce; i fabri e gli auri fabri nel Borgo di Piano, i judices ed i justitiarii nel Rione si San Zaccaria, i sartores o tessitori e gli speziali nel rione Piazza.
Le Società di contrada o Compagnie territoriali, per Bisignano sono invece attestate per la prima volta già fin dai primi decenni del Duecento.
Tali societates riunivano, generalmente, uomini armati, abitanti nella stessa zona ed impegnati in un reciproco aiuto militare.
All’epoca dei primi Comuni, queste organizzazioni civili-militaresche erano molto diffuse e si raccoglievano, di solito, attorno alla struttura parrocchiale o alla chiesa del Rione.
I Rioni di Bisignano ricordati nella Platea del vescovo Ruffino nel 1269 sono i seguenti:
Il rione Piano (colore verde nel Palio) legato alle figure di agricoltori e fabbri;
il rione Piazza (colore rosso), di tessitori e speziali;
il rione San Simone (colore celeste) un tempo abitato da militari e pastori;
il rione Santa Croce (colore arancione), luogo dove hanno sempre operato i vasai, ancora oggi fra le eccellenze di Bisignano;
il rione San Pietro (colore viola), dove nacque fra’ Umile da Bisignano, francescano santificato nel 2002;
il rione San Zaccaria (colore rosa) di notai e giudici;
il rione Giudecca (colore giallo), storico quartiere ebraico di cui si ha notizia fin dal X secolo, legato all’arte della liuteria ancor oggi in auge grazie alla celebre bottega dei De Bonis;
il rione Cittadella (colore blu), coincidente con la parte più antica della città e sede di una delle sue principali porte di ingresso.